Petralia Soprana (Palermo), anni cinquanta del ’900: un bambino di nome Gaetano Massineo, accompagnato dal padre, si imbatte nei resti di qualcosa di molto antico nei pressi della sua casa sulle Madonie. Si comincia a scavare ed emergono altri reperti: cinque monconi di un colonnato in linea con dei grandi gradini di blocchi calcarei, frammenti di vasellame e mattoni di terracotta. Quell’area è però destinata a un vigneto, per cui si preferisce interrompere gli scavi e dimenticare quanto accaduto.
Qualcuno, tuttavia, non lo fa nemmeno a distanza di molti anni: Gaetano. Ed è grazie a lui ‒ il quale nel frattempo ha studiato Archeologia, diventando professore e successivamente archeologo funzionario della Soprintendenza di Roma ‒ che ricominciano gli scavi nel 2008.
Riaffiora così un maestoso edificio composto da una dimora padronale, le stalle, i magazzini, un colonnato, alcune stanze con le soglie e i relativi cardini o reperti di vetro: è Villa Santa Marina. Un villa rustica risalente a duemila anni fa, appartenuta forse a una ricca famiglia romana e sopravvissuta a varie epoche, come dimostrano alcuni reperti rinvenuti nelle diverse campagne di scavi.
Nel 2013 e 2014 sono ritrovati due scheletri umani, il primo da collocare tra la fine del IX e gli inizi dell’XI secolo d.C., il secondo tra gli inizi del X sec. d.C. e la metà circa del XII sec. d.C.
Nel 2019, le ricerche continuano grazie a dieci volontari provenienti da tutta la Sicilia, reclutati dall’associazione “Gaetano Messineo”, coordinati da Santino Ferraro, con la supervisione della Soprintendenza dei Beni culturali di Palermo.
Con il procedere delle ricerche, si aggiungono nuovi dettagli, che non hanno però ancora rivelato con certezza quale sia stata la funzione dell’edificio: villa rustica di una ricca famiglia romana o ingrosso di sale o, ancora, stazione di sosta per i viaggiatori?
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