La compagnia teatrale “Sesto senso”, diretta dalla regista, Deila Caruso, mette in scena al Cine - Teatro Aurora di Belvedere (SR) “La zapatera prodigiosa” di Federico Garcia Lorca, una farsa drammatica in due atti rievocativa della condizione femminile agli inizi del ‘900 e scandaglio dell’animo umano.
La trama, che prende l’abbrivio da un conflitto interiore, fra quanto si sospira e la realtà che si respira, è la fotografia di un’umanità combattuta, perplessa dinanzi alle disposizione del fato.
La scena si svolge essenzialmente in casa del calzolaio, priva di pareti e di finestre, open space, provvista di un deschetto e di arnesi, di un tavolo per il pranzo, nonché di uno scaffale in cui riporre le scarpe. La schiera di comari, emblema della chiusura mentale, è lì, seduta, a godersi lo spettacolo, a spettegolare, a ridere sotto i baffi, ah, ah, cose da pazzi; perché la vicenda ruota attorno a un matrimonio di convenienza tra la zapatera, la bella trentenne, seducente, (Rosanna Assenza), e un calzolaio benestante, sessantenne (Salvo Campisi).
Si tratta di uno sposalizio emblema di quel sodalizio tra gli opposti che si attraggono e si distraggono, della differenza anagrafica che si aggiunge a quella caratteriale: lei combattiva e testarda; lui remissivo, tanto debole da credere alle maldicenze e da lasciare la moglie. Alla bella zapatera non resta che inaugurare una attività propria, un’osteria, dove gli avventori le ronzano attorno, nessuno che si tolga di torno: Alcade, il sindaco, personaggio beffardo e disilluso (Maurizio D’Aluisio) divorziato ben 4 volte; Don Merlo (Gianni Guadagni) che veste di nero e muove la testa come un uccello; e Peppe Motta il giovanotto che sulla faccia si è calato un sombrero. E mentre la zapatera cerca di frenare le avance, c’è chi, tra un balletto e un ammiccamento, tenta dii conquistare il calzolaio. È Tentazione (Daniela Iaia), che va via, comunque, a mani vacanti, quel calzolaio non ne vuole sentire, neanche se dal cielo lo pregassero i santi. Il parroco (Paolo Costa), dal canto suo, vi mette una buona parola, “le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie come anche Cristo è capo della Chiesa”, ma quel versetto della Bibbia non è parola che consola.
Un contesto ostile, dunque, in cui soltanto la figlioletta (Agnese Abbadessa) della vicina di casa, una bimba, è l’unica realmente affezionata a lei. E come in ogni commedia che si rispetti la fine è lieta, il calzolaio, travestito da cantastorie, fa breccia nel cuore della zapatera, rinasce l’amore. Tra risonanze e assonanze spagnole a voltare pagina, stacchi alla scena, ci sono intermezzi musicali e balli, l’entrata del coro, eccoli i gitani. (Altri interpreti: la vicina rossa, Enza Aliano; la vicina verde, Emma Amodeo; la vicina gialla, Remigia Abela; la soprano e narratrice, Ioli Toscano; la perpetua, Lucia Rendis; regia audio/luci di Francesco Ruma; l’assistente di palco Martina Quadarella; le coreografie di Francesca Scacco; il corpo di ballo della scuola Danza e movimento di Francesca Scacco; il presentatore, Stefano Ermellino).
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