Da Harry Potter a Leicester Square nel cuore di Londra all’investigatore Montalbano collocato a Porto Empedocle, passando per lo scienziato Archimede a Siracusa e lo scrittore siciliano Andrea Camilleri che si può trovare ad Agrigento e a Punta Secca, in provincia di Ragusa, ma anche un neonato in marmo incatenato al suolo di piazza del Plebiscito a Napoli “Look down” dell’artista Jago piuttosto che l’installazione della panchina “Absorbed by Light” che, nella città di Amsterdam, l’artista britannica Gali May Lucas e la scultrice Karoline Hinz hanno ideato per immortalare la nostra ossessione da smartphone.
Si tratta solo di alcune delle sculture che in tutto il mondo stanno cambiando la nostra visione di arte contemporanea celebrando i nostri nuovi idoli o mettendo a nudo le nostre peggiori abitudini. Nell’anno che sarà ricordato come quello della pandemia da Coronavirus il nostro approccio all’arte è stato quello di vivere l’arte en plein air e di poter godere, così, dei manufatti che gli artisti, spesso in forte connessione con il territorio e la sua storia, hanno consegnato alle città. Ma è a Noto, nella tenuta La Favola, che ogni anno gli artisti di tutto il mondo mettono in discussione le proprie competenze. Per tracciare un percorso ideale che ci racconti in che direzione si muova l’arte di questa epoca ne abbiamo discusso con Luana Aliano, docente di Storia dell’Arte e presidente della sezione siracusana di Sicilia Antica.
Come si è evoluta l’espressione artistica di questo momento storico così particolare?
A prescindere dal territorio in cui ci troviamo, tutto il mondo sta facendo i conti con la pandemia da covid evolvendo, di conseguenza, il concetto di mostra. È come se in qualche modo potessimo presenziare all’aperto a quello che eravamo abituati a vedere nelle gallerie. Basta guardare alle esperienze artistiche che si sono imposte quest’estate in paesi come la Francia nei Giardini della Senna musicale, a Edimburgo in Scozia e nel Regno Unito di fronte la cattedrale di Salisbury. Tutte esperienze costruite intorno al concetto della land art e della scultura. È possibile, quindi, osservare grandi opere d’arte che interagiscono con il paesaggio all’interno del quale sono costruite e che tendono a spettacolarizzarlo e ad affascinare l’occhio dello spettatore che inaspettatamente si trova in uno spazio-mostra. Questo avviene in tutto il mondo. Anche l’Italia ha dei grandi esempi su questo fronte.
A questo proposito ci sono delle similitudini con il nostro territorio e se sì, quali?
Sicuramente, si, ci sono. In Italia, in regioni come il Trentino, il Friuli, il Piemonte ma in particolar modo la Sicilia è possibili trovare numerose installazioni. La Sicilia si può considerare uno di quei territori in cui le grandi installazioni all’aperto hanno fatto la storia. Quando si pensa alla Sicilia si fa riferimento a due tipi di esperienza, una è più datata ed è quella che consente di parlare di storia, di land art e di scultura all’aperto come il caso celeberrimo di Gibellina ma anche del Cretto di Burri. Le installazioni presenti nella moderna città di Gibellina hanno tentato di ricostruire un volto identitario forte in un paese che cercava di rinascere. Quella di Gibellina resta sicuramente un caso di musealizzazione scenografica all'aperto anche grazie alla presenza del Cretto di Burri. Cambiando costa dell’Isola, ma sempre all’interno di questo percorso storico, dobbiamo senz’altro citare Fiumare d’arte.
Resta l’arte nei grandi spazi aperti, in questa fase più di prima, un possibile segno tangibile se non la vera e propria testimone di cambiamento?
Beh, se volessimo cambiare pagina ed esaminare le esperienze contemporanee potremmo dire che, orgogliosamente Siracusa e la provincia, restano una zona che ci consegna delle testimonianze artistiche non indifferenti. Il primo caso che citerei riguarda la tenuta La Favola a Noto, che da circa cinque anni produce vini biologici e che grazie a Valeria Valenza, porta avanti ogni anno il concorso #bridge art contemporary vision, un progetto bandito grazie al patrocinio del Comune di Noto. Di anno in anno cambiano i soggetti partners che sono sempre scelti tra i maggiori esponenti del panorama internazionale. Ogni anno anche il tema cambia, nel 2019 è stato proposto “Il teatro invisibile dell’ospitalità” e a partecipare sono stati artisti provenienti da tutto il mondo. Il fine di questo progetto è quello di destinare alla tenuta delle opere in un vero e proprio parco museale biologico in fieri. Brige art era già un’esperienza che aveva preso il via prima del coronavirus in accordo con le esigenze del pianeta e della natura e con un occhio rivolto, allo stesso tempo, alla tradizione ed allo scenario contemporaneo. Questo tipo di progetto per l’appunto in fieri quindi in cambiamento ed evoluzione acquista un senso ancora più forte e simbolico oggi, alla luce del periodo storico che stiamo attraversando. Lo spazio aperto, naturale, incontaminato diventa il nuovo luogo della mostra e rappresenta il consolidamento di un messaggio: l’arte è adesso il mezzo per sensibilizzare l’opinione pubblica, per ricreare l’unione tra uomo e spazio agricolo permettendo all'uomo di tornare alla natura. Potremmo dire, inoltre, che Michelangelo Pistoletto è il nuovo portavoce di quel messaggio di cui la land art si faceva carico già negli anni Sessanta, ma ridefinendone il fine in chiave attuale e dunque del tutto contemporanea. In un periodo in cui la cementificazione è dilagante e l’uomo è quasi schiacciato da una città di cemento l’opera di Pistoletto, “Il terzo paradiso”, realizzata con le spighe all’interno di un campo di grano Russello, una varietà conosciuta come antico grano siciliano, vive in piena sinergia lo spazio incontaminato e sostenibile.
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