Il "Mascherone" marmoreo, che accompagna la lapide barocca scolpita nel 1698 da Gioacchino Vitagliano per commemorare la Fontana del Garraffo (trasferita nel 1862 in piazza Marina), che era stato rubato dalla "Vucciria" di Palermo, è stato restaurato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Palermo e ricollocato nella sua sede originaria in piazza del Garraffo.
Si è conclusa, così, una vera e propria odissea che ha visto, nel tempo, alternarsi molti attori e ha registrato un'attiva partecipazione della cittadinanza.
La ricollocazione del fregio nella sede originaria è stata realizzata grazie ad un sistema di ancoraggio, progettato appositamente per sostenere il mascherone e proteggerlo da ulteriori furti e manomissioni: «Il restauro e la ricollocazione del Mascherone - sottolinea l'assessore regionale dei Beni culturali e dell'Identità siciliana, Alberto Samonà - è un risultato dal valore emblematico e rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra istituzioni e cittadini. Solo se comprendiamo che i beni culturali sono patrimonio di tutti, infatti, potremo fare un significativo passo avanti nella valorizzazione della nostra storia e delle sue testimonianze».
La recente narrazione del fregio comincia nel 1989 quando una serie di furti deturpa in modo irreversibile il volto del centro storico di Palermo. Tra gli oggetti artistici sottratti vi era anche il singolare "Mascherone" di marmo, che arricchiva i decori e gli stemmi della sontuosa targa barocca posta in piazza del Garraffo di fronte all'edicola con la statua del Genio di Palermo "Palermo lu grandi". Il furto generò un moto di indignazione, al quale seguì, nell'arco di breve tempo, la "restituzione" del prezioso fregio che, l'allora assessore comunale alla Cultura, Letizia Battaglia, consegnò alla Soprintendenza dei Beni Culturali, che ne ha mantenuto fino ad oggi la custodia.
La scorsa estate l'ex Soprintendente Lina Bellanca ha dato inizio alla fase di restauro del Mascherone, affidando a Mauro Sebastianelli il compito di progettare ed eseguire il delicato intervento di conservazione e ricollocazione e affidando all'architetto Isabella Daidone gli aspetti di valorizzazione dell'opera, attraverso la realizzazione di un pannello grafico-illustrativo delle attività svolte.
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