Con il 6 gennaio simbolicamente finisce il periodo delle festività natalizie. Come dice il detto: "L'Epifania tutte le feste si porta via!". Ma che origine ha questa festività che, tra l’altro, affonda le radici in tempi molto lontani? Se da un lato è certamente una festa pagana, pensata per i più piccoli che ricevono in questa occasione regali e leccornie varie all’interno della tipica “calza della Befana”, dall’altra è, soprattutto, una ricorrenza religiosa.
La parola “epifania” deriva dal greco e significa letteralmente "apparizione”. La data coincide, secondo la tradizione cattolica, con l’arrivo, dodici giorni dopo il Natale, dei Re Magi alla capanna di Betlemme dove si trovava Gesù.
Secondo la tradizione degli antichi romani e poi popolare, invece, la storia della Befana è da ricollegare al racconto fantastico per cui nella notte volavano sui campi appena seminati, i primi giorni dell'anno, figure femminili pronte a propiziare il raccolto. La rappresentazione della Befana, come di una vecchina, brutta e con i vestiti rattoppati starebbe a rappresentare il superamento dell’anno vecchio, in vista di quello nuovo.
La dodicesima notte dopo il solstizio invernale i Romani celebravano la morte e la rinascita della natura, credendo che proprio in quelle dodici notti, delle figure femminili, volassero sui campi coltivati, al fine di ingraziarsi la fertilità dei futuri raccolti. Le befane, appunto. Dal IV secolo d.C. la Chiesa di Roma avviò la condanna di riti e credenze pagane, ma molte personificazioni resistettero fino al Basso Medioevo, per poi essere accettate di nuovo, gradualmente, ma con la figura di una dolce vecchietta al posto della perfida strega sulla scopa volante. Nel periodo del teologo Epifanio di Salamina, poi, la ricorrenza dell’Epifania fu proposta alla data della dodicesima notte dopo il Natale, recuperando in questo modo l’antica simbologia numerica pagana.
In Sicilia a Gratteri (PA) “a Vecchia” si dice abiti in una grotta, detta Grattara, che si trova nel monte di fronte al centro abitato. La sera del 31 gennaio questa avvolta in un lenzuolo bianco e a dorso di un asino si dirige verso l’abitato, dispensando durante il cammino regali, caramelle e i “turtigliuna”, dolci tipici locali a base di mandorle, noci, nocciole e frutta secca.
A Messina nel quartiere Bordonaro nella piazza principale viene allestito “u ‘pagghiaru”, formato da una pertica alta nove metri circa e rivestita di rami di corbezzoli, agrumi, ciambelle di pane azzimo e cotone, che simboleggia un abete natalizio, sulla cui cima si trova una croce alta due metri, abbellita con frutta, nastri, ciambelle e forme di pane, che rappresenta il premio per i 14 partecipanti che la sera dell’Epifania, dopo la celebrazione della Santa Messa si arrampicheranno per aggiudicarsela. I festeggiamenti folkloristici si concludono poi con una pantomima sull’eterna lotta tra l’uomo e le insidie della natura, rappresentazione che prende il nome in dialetto “U’ cavadduzzu e l’omu sabbaggiu” e che viene effettuata da due maschere.
A Mussomeli (CL) si rappresenta l’arrivo dei tre Magi, cui segue la processione del simulacro di Gesù Bambino.
In provincia di Palermo, invece, nei paesini la cui popolazione è prevalentemente di origine albanese (come Contessa Entellina, Mezzojuso e Piana degli Albanesi) la festa dell’epifania è molto sentita.
Qui i festeggiamenti si dividono tra la cerimonia religiosa nella Chiesa Madre e le rappresentazioni nelle piazze principali che simboleggiano il battesimo di Gesù, dove il Celebrante immerge per tre volte una croce nella vasca e alla terza immersione viene liberata una colomba, che simboleggia la discesa dello Spirito Santo.
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