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“Il mio onore è morto insieme a queste bestie”: registra il tutto esaurito il debutto di Aiace a Siracusa

2024-05-11 11:54

Francesca Brancato

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“Il mio onore è morto insieme a queste bestie”: registra il tutto esaurito il debutto di Aiace a Siracusa

Scroscio finale di applausi per il debutto della 59° Stagione al Tearo Greco di Siracusa

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In un teatro da tutto esaurito, con 4mila presenze, debutta a Siracusa Aiace di Sofocle, per la regia di Luca Micheletti, nella traduzione di Walter Lapini. Prima dell’inizio dello spettacolo la Consigliera Delegata dell’INDA, Marina Valenzise, ha comunicato i titoli della Stagione 2025: due tragedie di Sofocle Edipo a Colono, per la regia di Robert Carsen, ed Elettra, con la regia di Roberto Andò (che vedrà il suo debutto al Teatro Greco di Siracusa); infine, il terzo spettacolo sarà la commedia Lisistrata di Aristofane, affidata alla regista Serena Sinigaglia. Successivamente, il sindaco Francesco Italia, in veste di presidente della Fondazione, ha comunicato che a chiusura della 60° Stagione delle Rappresentazioni Classiche vedremo anche uno spettacolo inedito di Giuliano Peparini, questa volta ispirato all’Iliade.

Aiace è una tragedia che si consuma nel sangue ed è sulla tenda intrisa di sangue che si apre la scena del Teatro aretuseo. La strage di bestiame si è appena compiuta e, come da tradizione, non avviene dinanzi gli occhi del pubblico. A sua testimonianza troviamo invece i brandelli e le carcasse degli animali trucidati da Aiace (Luca Micheletti), furioso, invidioso, che, dopo aver preteso le armi del Pelide, se le vede negare per un puntiglio degli Atridi. Così, accecato da Atena, commette il suo peccato, convito di scagliare la sua collera sui corpi di quegli Achei, che tante offese gli hanno arrecato. È così che, nello stupore e nella disperazione generale, comincia quella che possiamo definire la caduta di un eroe. Sin da principio, compaiono sulla scena Atena/Messaggero, interpretata da un magistrale Roberto Latini, e Ate/Thanatos (Lidia Carew), che, con la loro ambiguità, ci accompagneranno verso il tragico epilogo. Soltanto alla fine, quando gli Atridi si rifiutano di dare degna sepoltura all’eroe che si è tolto la vita con la spada del nemico (Aiace si trafigge a morte con la spada che Ettore gli dona dopo il loro duello, in segno di rispetto) e Odisseo si oppone al loro volere, in nome della Giustizia, la dea Atena, fino ad allora spavalda e beffarda, si ammutolisce e con fare stizzito abbandona la scena. 

Tutto è compiuto, gli onori agli dei sono stati resi e la calma può finalmente tornare nell’accampamento degli Achei, ormai stanchi e logori dalla guerra di Troia. O forse no?

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L’Aiace non è una tragedia il cui scopo è raccontare i fatti, bensì li usa come mezzo per portare in scena qualcosa di più profondo e oscuro: in questo caso, il tormento interiore del protagonista. Aiace, valoroso e orgoglioso combattente, che durante la guerra di Troia rifiuta gli aiuti divini e per questo attira su di sé la collera della Dea, vede le sue gesta sminuite dagli Achei, che lo ritengono uno Straniero, non degno di onori. L’eroe si lascia sopraffare così da quei sentimenti umani che lo rendono fragile e lo espongono, al punto da logorarsi e perdere il senno della ragione. In questo contesto, lo spettatore non è portato a soffermarsi sul rapporto con la divinità o la narrazione di gesta eroiche ma, come nel più moderno dei teatri, viene messo davanti a tutte le contraddizioni dell’uomo, vittima del destino e di una sorte avversa, al punto da commettere peccato contro gli dei e contro se stesso.

Ma non è forse Atena che acceca Aiace e lo rendere folle di rabbia? Sì. È tipico delle divinità, infatti, intromettersi negli affari degli uomini, per gioco o per puntiglio, e così facendo avvicinarsi ad essi più di quanto vogliano ammettere. Ma forse è su questo che bisogna soffermarsi: l’umanità di eroi e dei. «Com’è dolce la stagione della vita che non capisce coscienza» - Queste le parole di Aiace dinanzi al figlio, in un momento che sembra di redenzione e ripensamento, ma che subito dopo si trasforma in oscura certezza: «Morire, questo deve un eroe!».

La tragedia si apre a brutalità già avvenute, quindi non troviamo un crescendo nella narrazione, ma il velo di angoscia e oscurità non lascia mai lo spettatore e sono ben visibili anche nelle cupe (forse troppo) scenografie. Queste, infatti, si svelano poco a poco, ad anticipare l’esito già scritto della storia, fino a che uno scheletro gigante arriva a dominare la scena e segna la fine dell’eroe.

Le musiche originali di Giovanni Sollima vengono riprodotte dal vivo (finalmente!) e rese splendidamente dal coro di soli uomini, composto dagli studenti dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico, sezione Giusto Monaco, che ha riscosso gli applausi più fragorosi da parte del pubblico durante tutta la serata. Nonostante la narrazione lenta e confusa, il debutto della 59° Stagione al Teatro Greco di Siracusa ha ottenuto una standing ovation dal nutrito pubblico presente. Non resta che aspettare il debutto di Fedra e vedere cosa ci attende.

 

 

©riproduzione riservata

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