Ieri 3 agosto 2021 ha debuttato al Teatro Greco di Siracusa Le Nuvole per la regia di Antonio Calenda, scene e costumi di Bruno Buonincontri, musiche di Germano Mazzocchetti, coreografie di Jacqueline Bulnés e lights design di Luigi Biondi.
Nonostante il caldo estremo, il pubblico e le autorità aretusee, ma non solo, si sono riuniti nella cavea del Teatro Greco di Siracusa per la prima dell’ultimo dei tre spettacoli in cartellone per la stagione 2021: “Le Nuvole” di Aristofane.
La commedia, andata in scena per la prima volta ad Atene, alle Grandi Dionisie del 423 a.C., ma che noi leggiamo in una versione posteriore e probabilmente mai messa in scena dall'autore, ha come scopo primo la critica aspra e per nulla velata dei sofisti e di Socrate.
Il contadino Strepsìade (un eccellente Nando Paone) è perseguitato dai creditori a causa dei soldi che suo figlio Fidippide (Massimo Nicolini) ha dilapidato alle corse dei cavalli. Pensa allora di mandare il figlio alla scuola di Socrate (un divertentissimo Antonello Fassari), filosofo padre della scuola sofista, che insegna come prevalere negli scontri dialettici aggrappandosi a quello che il vecchio protagonista definisce il discorso “peggiore”.
Prima di mandare il figlio nella nuova scuola, Strepsìade decide di provare egli stesso, benché anziano e ignorante, il metodo di Socrate, che permette di comprendere meglio il mondo e che abbatte le vecchie convinzioni e credenze, per far aprire gli occhi ai discepoli sulla realtà: le uniche divinità esistenti sono Le Nuvole. Queste (interpretate da Galatea Ranzi e Daniela Giovanetti, insieme al corpo di ballo e al coro dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico di Siracusa), insieme ai sofisti ( Antonio Bandiera, Matteo Baronchelli, Alessio Esposito, Giancarlo Latina, Jacopo Cinque, Stefano Galante, Alessandro Mannini, Damiano Venuto) convincono, al grido di “γνῶθι σεαυτόν /gnōthi seautón”, ovvero “conosci te stesso”, il vecchio Strepsìade ad abbandonare i culti antichi e desueti e ad abbracciare il raziocinio e l’analisi scientifica della realtà.
Così, in una scenografia bianco latte e soffice, come gli splendidi costumi del coro, la luce dell’intelletto e della ragione si fa strada, fino alla gara fra “il discorso migliore” e “il discorso peggiore”, che si scontrano sulla scena e vengono sottoposti al pubblico siracusano, che diventa così testimone e giudice di qualità, chiamato ad esprimersi non solo sulla migliore Filosofia, ma anche sulla Politica, l’Arte e soprattutto il Teatro. Così, nonostante i buoni propositi e i sani valori proposti dal Discorso Migliore (personificazione delle virtù della tradizione), alla fine prevale il Discorso Peggiore (personificazione delle nuove filosofie), che vince grazie ai suoi ragionamenti cavillosi. Fidippide impara dunque la lezione sofista, ma ben presto Strepsìade capirà che il suo desiderio di truffare il prossimo richiede sempre un costo. Infatti, una volta uscito dalla scuola di Socrate, Fidippide comincia a picchiare e vessare il padre, dimostrandogli, nonostante le sue proteste, di avere tutto il diritto di farlo. Sentitosi raggirato da questo nuovo filosofeggiare, esasperato e furioso, Strepsìade dà allora alle fiamme il Pensatoio di Socrate, chiudendo la messa in scena.
Quella di Calenda è stata una rappresentazione completa, leggera e fedele al testo di Aristofane, che ha mantenuto le aspettative e ci ha regalato una messa in scena moderna ed elegante, con un coro di Nuvole da non perdere e una sceneggiatura pungente e ben ritmata, accompagnata a dovere dalle splendide musiche di Mazzocchetti. Ieri sera, oltre ai sofisti e al loro ragionare contorto e contraddittorio, sulla bilancia della Giustizia sono finiti politici contemporanei e “reddito di contadinanza”, false promesse e truffe che ci hanno fatto capire come “solo le Nuvole siano VERE dee, il resto sono solo palle!”.
Foto di: Gianni Luigi Carnera e Franca Centaro.
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