“Damarete”, la tragedia in due atti scritta e diretta da Deila Caruso, (compagnia teatrale “Sesto senso”) e portata in scena all’auditorium dell’IIS “Luigi Einaudi”, è un omaggio a quelle Donne che, senza armi in pugno, cambiarono il corso della Storia e dell’umanità con la forza d’animo e tanta pietà. Sulla scena, infatti, il sangue delle vittime non gronda, delle azioni guerresche giunge solo l’eco, nessuna spada trafigge le carni e nella terra affonda. Siamo nel 480 a.C., la battaglia di Imera, combattuta fra i sicelioti del blocco dorico - comandato dal tiranno Gelone di Siracusa - contro i Cartaginesi - a capo dei quali vi era Amilcare I - e che sancì la vittoria dei primi, è, infatti, finita, le conseguenze sono pesanti, per molti è dura la vita. Migliaia, infatti, sono i cartaginesi catturati, e al dio Baal – secondo la concezione imperante - molti bambini saranno sacrificati. Il dramma, come sottolineato dal presentatore, Stefano Ermellino, è stato concepito nell’ambito della 7° edizione del “Festival dell’educazione, sulle orme di Pino Pennisi”. Il sipario si alza sulla bellissima Damarete (Sara Cilea), intenta a spiegare al figlio, Dinomede (Edoardo Politi), cosa è la guerra che, combattuta per conquistare territori e placare la fame di potenza, genera sangue, morte, distruzione, meglio, dunque, senza.
Segue un botta e risposta fra Damarete e Gelone (Salvo Canto) che, irrompendo con una certa supponenza, intanto rimprovera la moglie per quelle lacrime che le solcano il volto “Ma cosa fai? Le nostre donne non piangono mai” è proprio sconvolto. Ma Damarete, che è regina di bellezza e di pace, risponde “Anche molti bambini sono caduti sotto le vostre spade”.
“Le terre non si conquistano portando i fiori in dono” - replica Gelone, alzando ancora il tono. “Vorrei vivere in armonia, sentire il vento della pace soffiare tra i miei capelli, e nell’infinito vedere il brillio delle stelle”.
Un Gelone che vuole escludere la moglie dai fatti politici, che le intima di prepararsi ad assolvere i doveri coniugali nel suo letto, ma che è attorniato da donne, tra le tante, Zoe (Emma Amodeo) è la sua preferita, va detto. Ma Damarete sussurra al marito che lo ama sempre di più e mette in atto una strategia – la liberazione dei cartaginesi e una clausola nel trattato di pace a salvaguardia dei bambini - superiore a quella concepita da certi comandanti spesso poco lungimiranti.
Il condottiero cartaginese, Gisgone (Robert Fortuna), accompagnato dalla figlioletta (Agnese Abbadessa), le regala una corona d’oro da cui Damarete farà coniare delle monete. La tragedia volge al termine con la morte di Gelone che, prima di spirare, fa promettere al fratello Polizelo (Paolo Costa) di sposare sua moglie, Damarete. Alla fine dello spettacolo la regista della compagnia teatrale “Sesto senso”, Deila Caruso, ha ringraziato: l’Inda per aver concesso gentilmente i costumi di scena; Rosalba Riccioli, la “signora delle monete” da cui ha tratto ispirazione per la stesura della tragedia; Francesca Scacco, per le coreografie, nonché insegnante delle allieve che frequentano la scuola “Danza e movimento” e che si sono esibite nell’intermezzo.
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