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PALERMO - Non è bastata l'ondata di affetto e commozione dopo la morte improvvisa del fondatore, Vito Parrinello, non il gremito pubblico che ha partecipato alla rassegna estiva: il Teatro Ditirammu chiude. Ad annunciarlo una lettera aperta di Elisa e Giovanni Parrinello, letta nei giorni scorsi alla fine dell'ultimo spettacolo.
La storia del teatro inizia a Mozia, un piccolo isolotto in cui il primo antenato di Vito Parrinello era il proprietario del teatro, poi acquistato da Whitaker; così i Parrinello tornarono sulla terra ferma. Il prozio di Elisa e Giovanni ideò il Teatro Garibaldi e chi venne dopo fondò il primo gruppo folk siciliano “La Conca d'Oro”, così via fino ad arrivare ai giorni nostri, con la famiglia con in testa Vito, la sua amata Rosa e i figli. Il loro lavoro è stato frutto di molti viaggi, durante i quali i canti, le musiche e le danze dalla nostra Sicilia venivano raccontati e portati in tutto il mondo. Negli anni ’90 Vito decise di costruire il Teatro Ditirammu nello storico quartiere Kalsa di Palermo. Lo stesso tempio della cultura che oggi si sgretola, una fucina per le nuove generazioni che si perde, una speranza che si spegne. Cala il sipario sul piccolo teatro Ditirammu, ma con lui non verranno dimenticati i ricordi di quanti hanno occupato uno di quei 52 posti a sedere, dai quali assistere a riti e cunti. Il motivo della chiusura è, purtroppo, l’incapacità per i fratelli Elisa e Giovanni Parrinello, di sostenere i costi degli spettacoli dello storico teatro, che oggi a 21 anni di distanza dalla prima messa in scena è costretto a chiudere i battenti.
Tantissimi in questi giorni coloro che, appresa la notizia, hanno voluto lasciare sulla pagina Facebook del Teatro, un pensiero di solidarietà a testimoniare la vicinanza per questo piccolo pezzo della storia della città di Palermo. Ma purtroppo questo non basta. Negli ultimi anni pur di dare la giusta dignità ad artisti, dipendenti, turisti e alle nuove generazioni, la famiglia ha portato avanti il lavoro al Ditirammu sfruttando le proprie risorse economiche.
Dalla lettera aperta dei fratelli Parrinello: «Era stanco, la libertà e le aspirazioni artistiche dei suoi figli sono sempre state più importanti di un luogo fisico, anche se si parla del fiore all’occhiello di famiglia. Troppo stanco, troppa politica, anticamera e cose che con l'arte e il sentimento non c'entrano proprio nulla. […] Innanzitutto non riusciamo a sostenere i costi del Teatro. Non è una guerra alla pubblica amministrazione, alla quale tuttavia chiediamo coerenza rispetto alle tante e univoche espressioni di stima e riconoscimento dell’alto valore del Ditirammu, per la città e la cultura siciliana. Spetta alla pubblica amministrazione trovare i modi per trasformare questo apprezzamento in sostegno e decisioni concrete che mettano in condizioni di vivere questo “Canto Museo Teatrale”. Al nostro pubblico, agli amici, ai tanti artisti, agli assistenti ai collaboratori agli allievi, e alle nostre famiglie, chiediamo di starci vicino ora più che mai, tenere alta la tensione e l’attenzione sulle nostre vicende, sarà nostro dovere quello di tenervi informati con tutti i mezzi possibili».
Nelle prossime settimane la famiglia comunicherà, attraverso una conferenza stampa, quali saranno le sorti del Ditirammu e della “Palermo, Capitale dei Giovani”. Chissà se i giovani restano oppure se ne vanno…
Francesca Brancato
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