
Tre morti di lavoro al giorno e un infortunio al minuto, senza contare i casi nascosti del lavoro nero. Il magistrato Bruno Giordano e il giornalista Marco Patucchi hanno ripercorso la linea sottile di quella che è una vera e propria “piaga della nostra democrazia”, così come ribadito da Giordano.
Al “Barone di Munchausen” a Casteldaccia (paese in cui, nel maggio del 2024, cinque operai edili persero la vita sul posto di lavoro) ha preso parte a qualcosa di più di una giornata scandita da un evento letterario. La Fillea Cgil Sicilia, durante i lavori pomeridiani dell’assemblea generale, ha approvato una mozione che sancisce l’uso del termine “operaicidio” ogni volta che, purtroppo, dovesse esserci un incidente mortale sul lavoro. Una precisa scelta politica e programmatica quella della Fillea siciliana, tesa a riaffermare che, dietro le morti sul lavoro, ci sono precise responsabilità e la mancanza di una cultura sana della dignità di chi lavora.
Alla presenza di alcuni familiari delle vittime di Casteldaccia, il segretario generale Fillea Cgil Sicilia, Giovanni Pistorio, ha ricordato che: “Quella che si consuma ogni giorno nel nostro Paese è una strage di dimenticati della cui memoria, quasi sempre, rimane traccia solo nei familiari, mentre, dal giorno dopo, il nastro si riavvolge perché forse è utile dimenticare, mentre lo Stato si costerna, si indigna, si impegna, poi getta la spugna con grande dignità”. Parole a cui ha fatto eco il “grido disperato” di Monica Garofalo, vedova di Giovanni Gnoffo, operaio deceduto in un cantiere a Palermo, e che ha ricordato la disperazione e la solitudine in cui i familiari delle vittime si ritrovano dopo il clamore e l’interesse mediatico dei primi momenti.
Come sottolineato dagli stessi autori e dal segretario generale della Fillea Cgil nazionale, Antonio Di Franco, “occorre che la politica faccia quel passo decisivo che fino a oggi è venuto meno. Una rivoluzione culturale, una presa di coscienza che parta dalla testa e passi all’agire di tutta la collettività. Al contempo, è necessaria una chiara posizione delle istituzioni, chiamate a fare il proprio dovere per arginare questa piaga e fermarla, una volta e per sempre”.
Inoltre, sottolinea il segretario generale Di Franco “i processi non iniziano mai, siamo a 20/30 mesi di indagini, e ci troviamo davanti a troppe prescrizioni e assoluzioni. Pertanto, ribadiamo che è urgente la costituzione di una Procura nazionale, composta da magistrati ed esperti del settore, che si occupi di reati in materia di salute e sicurezza. Invitiamo il Governo a farlo quanto prima, per tutti i familiari delle vittime sul lavoro rimasti senza giustizia, nel vuoto di una perdita, nel dolore profondo e nella rabbia”.
Nel pomeriggio si è riunita l’assemblea generale, nel corso della quale è stato approvato l’ordine del giorno che impegna all’uso di un termine, “operaicidio, che prendiamo in prestito e adottiamo nel nostro linguaggio giornaliero perché crediamo - come affermano i loro autori - che un neologismo non introduca soltanto una nuova definizione ma accolga un fatto, battezzi una serie di eventi che irrompono nella società ed esigono un riconoscimento non solo terminologico ma anche e soprattutto sociale”.
“Questo non cambierà le cose, ne siamo consapevoli – conclude Giovanni Pistorio, segretario generale della Fillea Cgil Sicilia - ma vogliamo contribuire a modificare la narrazione in questo Paese che – troppo spesso – liquida, dopo il classico retorico commiato, le morti sul lavoro, appunto ‘operaicidi’ come fatti frutto di fatalità, errore, statistica. Non vi è nulla di tutto questo dietro un ‘operaicidio’. Vi è una storia, una persona, degli affetti e una tragedia che si poteva evitare”.