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SIRACUSA - Era giunta la notizia dell’imminente arrivo nella città aretusea dell’inestimabile dipinto “La crocifissione di S. Andrea” attribuito al grande Michelangelo Merisi detto Caravaggio. L’opera, doveva giungere in Sicilia direttamente dal Museo di Cleveland in Ohio, negli U.S.A., ed essere il fulcro di una mostra, curata dalla Soprintendenza di Siracusa e dall’assessorato regionale ai Beni Culturali. Ebbene, l’opera che giungerà a per essere messa in mostra non sarà l’originale di Cleveland, come era stato precedentemente annunciato dall’organizzazione dell’evento e dal Comune, bensì una copia delle tre esistenti, proveniente dalla collezione privata Spier di Londra, e ancor prima appartenuta alla Back Vega di Vienna.
Il dipinto dialogherà con il celebre “Seppellimento di S. Lucia”, posto come sappiamo, sull’altare maggiore della Chiesa di S. Lucia alla Badia sita in Piazza Duomo, nel cuore di Ortigia. La mostra sarà aperta al pubblico fino al 10 gennaio 2020 e vedrà protagonisti Caravaggio ed il suo amico Mario Minniti, che lo accompagnò durante il suo soggiorno siracusano. L’esposizione prevederà un percorso itinerante che dalla sale della Soprintendenza, nelle quali sarà esposta l’opera “ospite”, porterà a quelle dell’Arcivescovado, che ospiteranno invece le opere di Minniti.
L’esposizione sarà inaugurata il 13 aprile prossimo e ha già fatto un gran parlare di sé.
Si, perché in un primo momento era stata diramata la notizia dell’arrivo dell’opera di Cleveland, con tanto di annunci ufficiali e manifesti, che poi però sono stati prontamente corretti con la notizia odierna. La cosa non solo ha creato scandalo, ma ha nuovamente acceso l’interesse del pubblico e degli addetti ai lavori sullo stato di conservazione precario del dipinto del Caravaggio nostra, con protagonista la Santa Patrona di Siracusa.
L’opera è risalente all’ultimo periodo di attività dell’artista, presenta “una novità pari solo alla semplicità con cui è concepito”, così come disse Cesare Brandi, e da otto anni è lasciata in condizioni conservative ed espositive che hanno focalizzato le critiche del mondo dell’arte e del restauro. Era il 2011 quando il dipinto fu trasferito, allora si disse provvisoriamente, nella chiesa di Santa Lucia alla Badia dove oggi si trova, dalla chiesa di Santa Lucia extra moenia, nel quartiere della Borgata, la quale non rispecchiava i parametri termoigrometrici. Solo a distanza di qualche anno si sarebbe appreso, però, che anche la chiesa in cui era stato trasferito, in piazza Duomo, presenta valori di temperatura e umidità relativa che superano il limite, con percentuali anche del 100%, secondo i dati rilevati dal monitoraggio microclimatico effettuato dal Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro (CRPR) di Palermo, che ha analizzato entrambe le chiese. In occasione della conferenza tenutasi il 18 maggio 2017 presso Il Museo Regionale di Palazzo Bellomo questi dati sono stati resi pubblici.
Le critiche mosse in merito all’esposizione dell’opera riguardano il fatto che la stessa si trova addossata alla legittima pala d’altare, il “Martirio di Santa Lucia”. Mentre, per quanto riguarda le critiche mosse verso lo stato conservativo, queste hanno origine dell’intervento di Franco Fazzio, che aveva preso parte alle indagini diagnostiche condotte nel 2006 dal CRPR, in sinergia con il dipartimento di Fisica dell’Università di Palermo. Al restauratore era stato possibile rilevare anche una macchia sospetta sul retro della tela. «Il dipinto di Caravaggio» - aveva spiegato Fazzio a Siracusa - «è stato restaurato presso l’ex ICR di Roma, tra gli anni 1972-79, e rintelato con la tecnica definita “classica”, poiché basata sull’utilizzo di materiali tradizionali, quasi esclusivamente di natura organica[…]Queste, in condizioni microclimatiche ideali costituiscono un perfetto terreno di coltura per lo sviluppo di microrganismi, in particolare da parte di spore fungine. I valori non ottimali rilevati nella chiesa offrono seri spunti per un attacco da agenti biodeteriogeni, che avrebbero come terreno di coltura l’opera del Caravaggio e da questo la facile propagazione al dipinto subito dopo retrostante, vittima di un microclima ad effetto serra».
Si tratterebbe quindi di una situazione che comprometterebbe non una, ma ben due opere d’arte allo stesso tempo. La Soprintendenza di Siracusa ha fatto presente che accetterà di sottoporre l’opera ed il sito ad ulteriori controlli, per verificarne l’idoneità. Nel frattempo uno dei tesori artistici dell’umanità, l’opera che tutto il mondo ci invidia, sta subendo gli attacchi del tempo, senza alcun tipo di tutela. Speriamo solo che si rimedi al più presto e che l’opera non venga trasferita, per mai più fare ritorno.
Francesca Brancato
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